23 Mar 2023

Noinet, la rete internet è un bene comune – Io Faccio Così #378

Intervista di: Andrea Degl'Innocenti e Daniela Bartolini
Riprese di: Daniela Bartolini
Montaggio di: Paolo Cignini

Difficile a credersi, ma si può parlare di infrastruttura per la rete Internet in maniera coinvolgente ed emozionante, tirando in ballo i beni comuni, la proprietà diffusa, i diritti di accesso alla rete e persino la permacultura. Non ci credete? La storia di Noinet, cooperativa a proprietà diffusa che offre un servizio di connessione Internet veloce, ne è la riprova.

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È difficile immaginare un argomento più tecnico e arido di emozioni di un Internet service provider, un operatore che fornisce la connessione a Internet. Perciò il fatto che la storia di Noinet sia così coinvolgente ha un valore doppio. Il segreto di questa passione, che dall’interno del progetto traspira per osmosi a chi lo sente raccontare, è che questa azienda non nasce per massimizzare i profitti, come la stragrande maggioranza delle imprese del settore, ma per affermare un diritto: quello di chiunque ad avere non solo l’accesso alla rete Internet, ma a possederla come bene comune.

Parlare di connettività con NoiNet significa parlare di beni comuni, proprietà diffusa, giustizia sociale e – pensate! – permacultura. L’idea rivoluzionaria alla base di tutto ciò è che l’infrastruttura di rete oggi vada gestita in maniera collettiva. Ma di questo ci occuperemo meglio più avanti. Intanto, guardatevi la nostra videointervista, girata da Daniela Bartolini e montata da Paolo Cignini.

Nella videointervista a Marco Polverari, Presidente di Noinet, che trovate qui sotto viene spiegata chiaramente la storia di questo progetto, qui perciò consentiteci la licenza di un racconto un po’ più personale. Su Italia che Cambia seguiamo l’esperienza di NoiNet praticamente fin dal principio. Il nostro direttore Daniel Tarozzi ne parlava già nel suo Io Faccio Così; qualche mese più tardi ne parlammo all’interno di una delle nostre prime videostorie. Pierluigi Paoletti, uno dei soci fondatori di Noinet – in seguito uscito – è stato anche il primo storico presidente della Aps Italia che Cambia. 

Aggiungo – piccola nota di colore – che chi scrive è stata una delle prime persone ad avere una connessione NoiNet a Roma, nel cuore del quartiere di San Lorenzo. Ai tempi arrivò a casa mia un’intera schiera di tecnici, capitanati da Pierluigi: alcuni per installare la piccola antenna parabolica, necessaria all’allaccio, sul terrazzo condominiale, altri – arrivavano da Torino se non sbaglio – per studiare come si faceva un nuovo allaccio e replicarlo nella loro città. Ci inerpicammo sul tetto traballante di uno scalcinato casotto dei contatori, per fissare l’antenna ed orientarla in modo che potesse prendere il segnale dal ripetitore principale e “triangolarlo” ad altri potenziali futuri soci nei dintorni. 

LA STORIA 

Ai tempi – parliamo del marzo 2015 – le connessioni Noinet avvenivano quasi esclusivamente tramite ponti radio (un sistema in cui la trasmissione di dati avviene attraverso la comunicazione wireless fra antenne), erano ancora poche e con qualche problemino da risolvere: la connessione andava molto veloce ma un po’ a singhiozzo, di tanto in tanto avevo difficoltà a connettermi. Ciononostante, l’assistenza era sempre rapida. 

È stato interessante osservare i grandi progressi fatti dal progetto in questi otto anni. Oggi Noinet connette le proprie utenze principalmente tramite la fibra ottica e offre un servizio in tutto e per tutto in linea con il mercato, ma a condizioni e spesso a un prezzo migliori. Fino al 2020 la rete era presente solo da Cerveteri a Civitavecchia, lungo tutto il litorale a Nord Ovest di Roma. Negli ultimi tre anni, grazie a una partnership con due grandi società che posano la fibra ottica in tutta Italia, la cooperativa ha iniziato a operare in tutto il Paese. «Possiamo collegare ovunque anche singole utenze», ci ha spiegato Polverari. 

La possibilità di attivare linee in tutto il Paese ha aperto nuovi orizzonti: «Abbiamo iniziato a collaborare con cittadini in varie parti d’Italia che vogliono replicare il progetto». Nascono così le “nuvole”, gruppi territoriali di cittadini che si autorganizzano per replicare localmente sui propri territori l’esperienza di Cerveteri e dintorni. Tutte le nuvole sono confederate e condividono – oltre ai valori – alcuni elementi pratici: la licenza delle telecomunicazioni (che è nazionale), il reparto dell’ufficio acquisti (per utilizzare la logica del gruppo d’acquisto). 

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Pierluigi Paoletti e Carlo Filippi impegnati nell’istallazione di una antenna sul tetto dell’appartamento dell’autore dell’articolo, nel marzo 2015.

Da circa un anno Noinet ha iniziato un’operazione per attivare anche le linee mobili. «Non siamo ancora diventati operatore mobile, ma abbiamo un accordo di partnership con un operatore virtuale che ci permette di erogare delle nostre sim».  Attualmente Noinet ha attivato 1111 utenze (al 2/3/2023, data dell’intervista),  di cui quasi 600 sono anche soci. Ci sono 5 nuvole attive e 3 in attivazione. «In questo momento stiamo crescendo in tutta Italia. Ci immaginiamo fra cinque anni di raggiungere un milione di soci. In questa prospettiva abbiamo immaginato di organizzarci in unità territoriali di 1000-2000 soci al massimo che autogestiscono territorialmente il “proprio” ultimo miglio e poi partecipano al controllo della rete nazionale della rete come bene comune». 

I PROBLEMI DELL’ULTIMO MIGLIO

Inizialmente il progetto NoiNet era nato per collegare gli utenti in digital divide, ovvero privi di accesso a Internet, perché non raggiunti dagli operatori tradizionali. Polverari ci spiega che esistono delle zone note come “a fallimento di mercato”, dove le aziende non operano perché la densità di popolazione è troppo bassa perché sia conveniente da un punto di vista economico. Parliamo di abitazioni di campagna, aziende agricole, o in generale zone scarsamente abitate. 

Per capire meglio questo fatto è utile introdurre il concetto di “ultimo miglio”. Nelle telecomunicazioni, con “ultimo miglio” si intende la tratta di cavo che connette le centrali telefoniche agli utenti finali. L’ultimo miglio – lo dice persino Wikipedia –  “è visto tipicamente come una sfida di investimento tra le compagnie telefoniche, a causa dei costi di messa in opera dei cavi che corrono lungo questa tratta”. Insomma, far passare i cavi utili a garantire una connessione a banda larga e mantenerli è un investimento fruttuoso solo se poi quei cavi li utilizzeranno (pagando) almeno un certo numero di utenti. E visto che le società per azioni devono massimizzare i profitti e non fare opere caritatevoli, se una cosa non conviene, semplicemente non la fanno.

Perciò in molte zone italiane ancora oggi – figurarsi quando è nata Noinet – è assente Internet veloce. «Agli albori – ci spiega Polverari – collegavamo soprattutto aziende agricole o famiglie che vivevano in campagna, dove non arrivava la connessione. Lo facevamo attraverso ponti radio, stando anche attenti a utilizzare una potenza di segnale e delle frequenze meno invasive possibili, per stare sicuri e non correre nessun rischio».

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Il digital divide in Italia, dati Istat e AgCom 2020. Immagine tratta da Tuttoscuola.

Sebbene negli ultimi anni le tipologie di allacci forniti da Noinet si sia molto ampliata, l’attenzione per l’ultimo miglio e il diritto all’accesso alla rete è rimasta. Quando in una zona c’è un solo socio, Noinet si appoggia sull’infrastruttura esistente, prendendola in affitto. Ma se i soci aumentano, i rapporti con il proprietario della rete – che spesso è un privato, un altro operatore – cambiano e in genere a un certo punto Noinet decide di acquistare la rete, o se manca, di andare a posare i cavi. 

«In questo modo – chiosa Polverari – i cittadini si riappropriano del bene comune non facendo una scalata finanziaria in borsa o acquistando le azioni di una S.p.A., ma costruendo e acquistando l’infrastruttura lentamente, passo dopo passo. La crescita all’inizio è lenta, perché non abbiamo investimenti milionari, ma costante».

LA RETE? UN BENE COMUNE

L’intuizione – non l’unica ma forse la principale – di Noinet è stata capire che la rete Internet ha tutte le caratteristiche per essere considerata un bene comune. Per rete qui non si intende tanto il sapere e la conoscenza che sono contenuti sul web, quanto proprio l’infrastruttura fisica che rende possibile accedervi.

Parliamo di migliaia di chilometri di cavi, antenne, dorsali, ponti radio che attraversano in lungo e in largo il nostro paese e trasportano i pacchetti di dati. «La rete Internet – spiega Polverari – così come quella stradale, elettrica, idrica, ferroviaria, è una sola. In questi casi, il mercato non può funzionare, perché non ci può essere concorrenza. Siamo in una situazione di monopolio, quindi pensiamo che non sia corretto affidare queste infrastrutture ai privati e fare su di esse speculazione finanziaria. Al contrario esse devono essere a disposizione di tutti quanti, quindi privati, imprese e pubblica amministrazione». 

Eppure, in Italia come in molti paesi occidentali, tutte queste infrastrutture sono oggi partecipate da privati e anche quando sono a maggioranza pubblica sono gestite con strumenti di finanza privata. Queste privatizzazioni hanno introdotto delle storture. Le zone a fallimento di mercato di cui abbiamo parlato sono una di queste, ma non l’unica. «Le privatizzazioni – continua Polverari – sono figlie di un’altra stortura, precedente, che era stata una gestione pubblica molto politicizzata delle stesse, che aveva portato a inefficienze e corruzione. Ma la successiva gestione privata ha portato ad altre storture e non sembra aver complessivamente migliorato la situazione. Tragedie come quella del Ponte Morandi lo dimostrano».

Noinet nasce quindi dalla domanda che segue a queste riflessioni: esiste un modo per gestire un bene comune in maniera realmente partecipata? «Noi abbiamo scelto di costituire una vera public company: pubblica perché appartiene potenzialmente a tutti, privata perché siamo privati cittadini a controllare l’azienda. Scegliere la forma giuridica della cooperativa ad azionariato diffuso significa far coincidere la figura dell’investitore (socio) con la figura di chi utilizza il servizio. Costruiamo l’infrastruttura senza nessun debito con le banche, ma lo facciamo passo passo, pezzetto per pezzetto, con il capitale messo dai soci. Avere le banche escluse da questo meccanismo significa avere il pieno controllo economico, politico ed etico su tutto ciò che la cooperativa va a fare».

Questo tipo di struttura permette anche di ridistribuire gli utili in maniera creativa ed equa, finanziando progetti che vanno ad arricchire l’intera comunità: oltre alla food forest in permacultura a L’asino e la luna, di cui si parla nel video, Noinet sta finanziando attraverso la “nuvola” di Pesaro una scuola locale, privata, dei soci.

IL MODELLO COOPERATIVISTICO E L’ATTENZIONE ALLA SOSTENIBILITÀ

La scelta del modello della cooperativa viene ribadita più volte da Marco Polverari durante l’intervista, perché rappresenta uno degli elementi centrali, la garanzia del fatto che la proprietà della rete sia realmente collettiva e diffusa. Gli chiedo più nello specifico come prendono le decisioni, per capire se esplorano modelli innovativi anche a livello di governance. Mi spiega che il funzionamento è quello classico di una cooperativa: l’assemblea dei soci elegge un consiglio di amministrazione, che elegge un Presidente. Dopodiché è il consiglio di amministrazione che deve far sì di circondarsi di figure professionali per garantire che il servizio venga erogato nel miglior modo possibile. 

Tuttavia, in previsione della crescita del numero dei soci e della complessità del progetto, l’idea è quella di implementare sistemi più sofisticati. «Stiamo anche collaborando con un’altra cooperativa che si occupa di sistemi e organizzazione sociale democratica basati sulla blockchain di ultima generazione», mi illustra. Dopo l’intervista, a telecamera spenta, continuiamo a parlare di questo argomento. Gli parlo della Sociocrazia 3.0, non la conosce ma ne ha sentito parlare. «Mi interessano molto questi modelli, dobbiamo approfondire!». 

Uno dei modelli più simili a Noinet è quello di ènostra. Se siete frequentatori abituali di Italia Cambia, lo conoscerete bene. Se invece non lo siete, in breve, si tratta di una cooperativa che fornisce ai propri soci/utenti energia pulita da fonti rinnovabili, ed è in prima linea nella lotta alla povertà energetica e nella costruzione delle comunità energetiche (ne abbiamo parlato qui, qui, ancora qui, poi qui. Va bene direi che può bastare. Ah no, è anche qui sulla nostra mappa). Ad ogni modo, quello che ènostra fa con l’energia pulita, Noinet lo fa con la rete internet condivisa in maniera piuttosto speculare.

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La foodforest in permacultura finanziata da Noinet presso l’Asino e la luna (fonte: Facebook)

Non a caso le due cooperative collaborano molto attivamente: «ènostra è una nostra partner e in qualche modo gemella, che ci fornisce tutta l’energia che consumiamo», spiega Polverari. Con ènostra Noinet condivide anche l’attenzione alla sostenibilità ambientale: le emissioni di CO2 legate al consumo di elettricità vengono abbattute ricorrendo appunto all’energia pulita prodotta da ènostra, mentre le restanti sono compensate (anche per eccesso) finanziando il progetto di food forest in collaborazione con la vicina associazione di permacultura l’Asino e la luna, di cui si parla anche nel video. Grazie all’incontro con l’Asino e la luna Noinet ha fatto propri i principi della permacultura. «La utilizziamo nell’osservare il mondo che ci circonda, nel progettare le nostre azioni e il funzionamento della nostra azienda». 

Ecco come NoiNet applica le tre etiche della permacultura

  • Prenditi cura delle persone: l’azienda è di proprietà e al servizio dei soci di NoiNet
  • Prenditi cura della Terra: è una società al 100% green
  • Condividi i frutti: una parte consistente degli utili è reinvestita in progetti a favore dell’intera comunità.
CHI PUÒ E COME SI PUÒ ADERIRE

Come detto più volte, attualmente chiunque in qualunque parte del Paese può accedere ai servizi di connettività e telefonia mobile di Noinet. Lo può fare diventando socio/a della cooperativa, oppure con un semplice contratto di utenza. Diventare soci è consigliato, ma non obbligatorio. Per essere soci si versa una quota sociale di 200€. I soci hanno sconto 20% su tutti i servizi erogati (oltre al potere decisionale). Le varie tariffe sono disponibili sul sito della cooperativa.

Il passaggio successivo per attivare la connessione è appannaggio di Noinet, i cui tecnici verificano la collegabilità dell’immobile in questione, garantendo la miglior tecnologia disponibile (nell’ordine fibra ottica, ponte radio, fibra misto rame). I tempi di attivazione sono brevi, si va da una settimana a un mese circa. Dopodiché, se il cittadino inizia a fare passaparola e le persone che si connettono aumentano, a un certo punto, superata una certa densità, si può pensare di costituire una nuvola autonoma. Per incentivare questa attività una piccola percentuale degli utili viene redistribuita anche a quei soci che fanno molta attività di networking. Se un socio ne porta altri dieci, avrà la connessione Noinet gratis, a vita.

Per saperne di più leggi anche la storia di Exe.it, il primo data center italiano a impatto zero.

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