MENO CRONACA E POLITICA MA PIÙ ARTE E CULTURA

Un contributo dell’Editoria ben speso e che merita costante diffusione

Ernesto Bodini (giornalista e critico d’arte)

Non è mai troppo tardi per iniziative culturali da parte degli editori che, ai quotidiani, periodicamente allegano (anche gratuitamente) inserti o supplementi d’arte o più in generale di cultura in senso lato. Un contributo intelligente e al tempo stesso formativo giacché c’é sempre più bisogno di incrementare il nostro bagaglio di nozioni accademiche, o meno,  e questo per la nostra crescita ed essere sempre al passo con le realtà di altri Paesi. In questi ultimi giorni, ad esempio, Il Corriere della Sera ha abbinato una pubblicazione-racconto di Philippe Daverio (1949-2020), professore di Architettura, noto gallerista e commentatore d’arte televisivo, dedicata ai capolavori di Sandro Botticelli (1445-1510) l’artista artigiano fra Umanesimo e misticismo. Una piccola edizione di 60 pagg. in carta patinata con la copertina dedicata alla famosa Nascita di Venere (vedi foto a lato), esposta alla Galleria degli Uffizi di Firenze, che tanto ha incantato tanto lo stesso autore quanto i cultori e appassionati d’arte. Altre immagini raffigurano i pregevoli dipinti dell’artista fiorentino tra i quali, ad esempio, la Natività mistica, completata agli inizi del secolo nuovo e dove appaiono alla base della composizione i tre condannati abbracciati dagli angeli in mezzo ai diavoletti sconfitti. Altrettanto emblematica e famosa l’opera Madonna col Bambino, una tempera su tavola esposta al Museo del Louvre (Parigi); un dipinto che fa parte della sua produzione devozionale nel corso della sua attività giovanile, la cui soluzione iconografica adottata sottolinea la figura della Madonna come “mater amabilis”, che si esprime eloquentemente nella tenerezza del rapporto tra la Madonna e il Bambino. Imponente anche il dipinto San Sebastiano, realizzato in tempera su tavola di 195 per 75 cm (esposto al Staatliche Museen Gemaildegalerie di Berlino); un’opera che scaturisce da una meditazione platonica sul mito cristiano e sulla malinconia, come sola attitudine possibile di fronte al prodursi degli eventi e all’incalzare degli evi storici.

Ma anche il quotidiano La Repubblica offre supplementi dedicati alla cultura. Recentemente, quello del 20 febbraio scorso, comprendeva una piccola pubblicazione Perché i libri allungano la vita – Spigolature di lettere e arti, dello scrittore e filosofo alessandrino Umberto Eco (1932-2016), a cinque anni dalla scomparsa. Una “minuscola” pubblicazione rinvigorita dal seguente aforisma: «Oggi i libri sono i nostri vecchi. Non ce ne rendiamo conto, ma la nostra ricchezza rispetto all’analfabeta (o di chi, alfabeta, non legge,) è che lui sta vivendo e vivrà solo la sua vita e noi ne abbiamo vissuto moltissime».  Ma perché i libri allungano la vita? Per rispondere a questa domanda l’autore fa riferimento al motto dell’editore e scrittore Valentino Bompiani (18098-1992): «Un uomo che legge ne vale due»; una frase che può essere letta come un slogan, ma secondo Umberto Eco significa che la scrittura (in generale il linguaggio) allunga la vita, e il libro è una sorta di assicurazione sulla stessa, ossia una modesta ma concreta anticipazi0ne di immortalità… all’indietro anziché avanti. Tra gli intellettuali l’autore si chiedeva quanti libri non abbiano letto e, da una inchiesta in occasione del Salone del Libro di Torino, è emerso che alcuni di essi non avevano letto importanti autori come Proust, Aristotele, Hugo e Tolstoj. Ma a parte questa “temporanea carenza” che può avere qualche giustificazione, leggere è vivere e come sosteneva il filosofo greco Epitteto (55-130 d.C.): «Solo l’uomo colto è libero».

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