Un razzismo senza limiti e senza fine in USA

Gli eccessi dei trattamenti disumani sono un continuo degrado che nemmeno la dichiarata democrazia d’oltre oceano riesce a contenere e tanto meno ad evitare

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

I fatti accaduti il 25 maggio scorso nella città di Minneapolis (Minnesota – USA) che hanno visto protagonista-vittima l’afroamericano George Floyd (46 anni, originario del Texas, nella foto), hanno a dir poco  dell’increscioso. Non è concepibile che in un Paese in gran parte democratico come gli Stati Uniti, e che la frase «Tutti gli uomini sono creati eguali» (suggerita dell’italiano Filippo Mazzei) è stata inserita dal presidente Thomas Jefferson (1743-1826) nella Dichiarazione di Indipendenza del 1776, si violano continuamente i diritti sopprimendo vite umane da parte delle Forze dell’Ordine con l’aggravante dell’abuso di potere. Il caso di cronaca riguarda appunto George Floyd che è stato fermato dalla polizia (su richiesta da parte di un commerciante, pare per spaccio di una modesta banconota falsa) e bloccato da un agente che gli ha premuto il proprio ginocchio sul suo collo per alcuni minuti, provocandogli asfissia e successivo decesso. A nulla sono valse le sue ripetute invocazioni di allentare la costrizione in quanto lamentava di non riuscire a respirare. Questo episodio, oltre ai principi della Dichiarazione di Indipendenza richiama alla memoria alcuni articoli della Dichiarazione dei Diritti Umani dell’Onu (10 dicembre 1948), soprattutto gli artt. 3 e 5 che, rispettivamente, recitano: «Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona» – «Nessun individuo potrà essere sottoposto a qualsiasi tipo di torture, maltrattamenti o punizioni crudeli, inumane o degradanti». Ma purtroppo, ancora oggi, a distanza di 72 anni dalle emanazione della Dichiarazione, si ripropone il problema di come garantire i diritti fondamentali dell’individuo in quanto il loro rispetto dovrebbe essere al centro delle attenzioni dei singoli Paesi, incrementando e concretizzando le procedure necessarie affinché non rimangano solo nobili intenzioni. E di fronte ad episodi come quello su citato e moltissimi altri che si verificano in molti Paesi, sia nei confronti di soggetti individuali che collettivi, c’è da chiedersi come si possa di fatto essere inermi e non invece determinati e risolutivi da parte di ogni Stato; una inerzia assai riprovevole che grida vendetta al cospetto di Dio. A parte i vari movimenti assocativi internazionali dediti alla tutela delle persone più indifese, c’é ancora molto qualunquismo e/o indifferenza nei confronti dei mali altrui, ma anche molta politica che si trasforma in prepotenza crudele tale da soffocare anche i diritti più elementari, orientando così l’umanità a rinunciare alla propria dignità e alla propria stessa ragione d’essere. Quindi è da invocarsi giustizia e legalità come garanzia di tutela dei diritti di tutti, soprattutto delle cosiddette minoranze etniche; lanciare con fermezza a tutti gli uomini di buona volontà il monito consistente nel ricordare che il valore morale da rispettare da parte di tutti è la dignità della persona umana, per costruire non solo un “status” europeo condivisibile e una internazionalità fedele alle più nobili tradizioni ed emancipazioni dell’Essere. Va da sé che il rispetto della Persona deve diventare l’azione principale di tutti, specie di chi detiene un potere, al fine di valorizzare l’intero nostro presente come pure il domani nel più totale spirito liberale. I massacri, le carneficine, i genocidi che si sono verificati dalla Dichiarazione Universale del 1948 ad oggi (a parte gli effetti del secondo conflitto mondiale che meriterebbe un capitolo a parte) ci dimostrano che oltre ai diritti fissati sulla Carta sono necessari i tribunali internazionali affinché i delitti non restino impuniti. Ma ogni volta che una singola persona subisce lesioni alla sua dignità, od ancor peggio viene uccisa per mano di chi rappresenta la Legge (di questo o quel Paese) specie se a causa  di una diversa etnia, quale giudice “più idoneo” a perseguire tale reato? E in questi casi, quale la posizione del presidente di quello Stato? Generalmente ogni Stato democratico è sovrano e al tempo stesso dovrebbe essere garantista dei diritti umani, ancorché solidale con la popolazione che rappresenta nel condannare ogni lesione alla dignità umana. Ma l’America del XXI secolo pare non abbia fatto tesoro dei valori socio-culturali, politico-legislativi ed umani insiti nella Dichiarazione di Indipendenza del 1776 come neppure della Dichiarazione dll’Onu, e il deprecabile episodio accaduto a Minneapolis ne è la dimostrazione, ovvero un passo avanti e due indietro…!

La supplica di George Floyd

La Bibbia afferma che soltanto Dio “ha in mano l’anima di ogni vivente e il respiro di ogni carne umana”, ma a quanto pare non è stato così per George Floyd che, negli ultimi minuti di vita,  costretto a terra per oltre otto interminabili minuti sotto il peso della divisa dell’accanito poliziotto (bianco), è riuscito a pronunciare una commovente supplica rivolta al suo aguzzino, come riporta il sito AVAAZ, il movimento globale che porta e fa valere la voce dei cittadini dentro le stanze della politica.

«È la mia faccia, amico/non ho fatto nulla di grave, amico/ti prego/ti prego/ti prego non riesco a respirare/ti prego amico/non riesco a respirare/non riesco a respirare/ti prego/amico non respiro, la mia faccia/devi solo alzarti/non riesco a respirare/ti prego, un ginocchio sul mio collo/non riesco a respirare/merda/lo farò/non posso muovermi/mamma/mamma/non ce la faccio/le mie gionocchia/il mio collo/sono finito/sono finito/sono claustrofobico/mi fa male lo stomaco/mi fa male il collo/mi fa male tutto/un po’ d’acqua, o qualcosa/ vi prego/vi prego/non riesco a respirare, agente/non mi uccidere/mi stanno ammazzando/ti prego, amico/ non riesco a respirare/non riesco a respirare/mi stanno ammazzando/non riesco a respirare/non riesco a respirare/per favore, signore/ti prego/ti prego/ti prego/ti prego non riesco a respirare».

Dopo queste ripetute frasi di straziante invocazione, probabilmente pronunciate a tratti tra un breve alito e l’altro, l’afroamericano ha esalato l’ultimo respiro e dopo circa otto minuti ha chiuso gli occhi per sempre. È questa la testimonianza della soppressione di una vita che definire surreale può sembrare pleonastico, testimonianza di un delitto quasi preannunciato perché in America l’odio razziale non si è mai spento, in parte tra le Forze dell’Ordine di uomini bianchi nei confronti della popolazione civile di uomini neri. E a parte l’orientamento religioso vorrei rammentare che la suprema giurisdizione sulla vita è esclusivamente di Dio; ma ciò nonostante l’omicidio non può essere eliminato dalla società perché, come è ricordato nella Genesi l’episodio di Caino, è affidato alla tutela stessa di Dio. Non rimane tuttavia, che esaltare l’amore e il perdono come via rigeneratrice  per ogni azione criminale, forse più potente di ogni giustizia umana ma sicuramente superiore ad ogni forma di vendetta che, di certo, non redime e non cancella la morte. E in fatto di diritti umani, mi sovviene quanto sosteneva Jean-Jacques Rosseau (1712-1778), ovvero: «L’uomo è nato libero e dappertutto è in catene». Quindi, la vera libertà di vivere è paradossalmente utopia!

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