L’UMILTÁ DELLA SCIENZA E L’IGNORANZA DEGLI OPPOSITORI A CONFRONTO

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico e opinionista)

La questione dei vaccini continua a suscitare problemi di incomprensione tanto da interessare continuamente le cronache. È di questi giorni, ad esempio, la vicenda di una bambina di 10 anni, di Verona, colpita dal tetano per non essere mai stata vaccinata per volere dei genitori che, peraltro, pare non facciano parte della schiera No Vax di quella città. La vicenda non solo fa discutere per l’evento in sé, ma anche perché ancora costante è la poca fiducia sulla efficacia della profilassi, tant’è che se nel nostro Paese si può morire perché contrari alle vaccinazioni, la situazione è ancora più preoccupante nel resto del mondo. Una preoccupazione rafforzata dal fatto che nell’era della globalizzazione le persone si spostano in continuazione da un Paese all’altro… portandosi dietro virus e batteri. Lo spettro delle infezioni a più livelli di gravità si insinua sempre più generando non poche preoccupazioni tra gli esperti dell’Oms e tra quanti si prodigano con iniziative volte alla corretta ed esaustiva informazione sulla necessità delle vaccinazioni. Ma purtroppo, singoli oppositori per partito preso e movimenti anti vaccinisti rappresentati da persone affette dal “virus della ottusità”, formano una barriera paragonabile al vecchio muro di Berlino…, una indiretta “emulazione” (sia pur di forzato paragone) che alla periferia di Verona è comparsa la targa (vedi foto in alto) con la scritta “Giardino Fratelli Tremante Marco e Andrea deceduti a seguito di vaccinazione obbligatoria”. Un messaggio direi distorto, se non anche blasfemo, perché la vera causa della morte dei due bambini non era dovuta all’antipolio in sé, ma alla storia familiare di malattia da immunodeficienza congenita. Ma quel che è peggio è che i suddetti non vogliono né confrontarsi con alcuno né approfondire le necessarie conoscenze in materia di farmaci-vaccini e di azioni preventive, quasi negando i valori della Medicina e quello che la Storia ha insegnato. A costoro, come poliomielitico dall’epoca pre-vaccino, e anche come opinionista e divulgatore di materie medico-sanitarie da oltre sei lustri, vorrei dire che essere prevenuti su ciò che la Scienza medica ha messo sinora a disposizione per la collettività, non solo è irrazionale ma è anche pretestuoso… facile terreno per la presunzione. Tutti i ricercatori e i clinici che lavorano e sono (giustamente) pagati per la tutela la nostra salute, hanno coscienza professionale poiché la loro dedizione alla Clinica e alla Ricerca ha avuto ed ha come indirizzo essenziale il bene della collettività.

Si pensi pure a quelle rare eccezioni di imbonitori, peraltro in seguito scoperti e messi al bando, ma si pensi anche ad illustri cattedratici che hanno dedicato la propria esistenza al benessere dell’Umanità e, fra questi, vorrei rammentare (per l’ennesima volta) i proff. Albert B. Sabin (1906-1993) e Jonas E. Salk (1914-1995), i due virologi che, sia pur con metodiche diverse, hanno contribuito a debellare la poliomielite a partire dalla seconda metà degli anni ’50; un estenuante lavoro non privo di sacrifici, e talvolta anche di delusioni, sino ad ottenere la vittoria sul virus della poliomielite. Il loro vaccino, come è noto, non hanno mai voluto brevettarlo affinché anche le popolazioni più povere lo potessero usufruire a costo praticamente zero, o comunque a pochi centesimi di dollaro la dose.


Dal punto di vista della letteratura sull’argomento della poliomielite, ad esempio, a questi cocciuti “refrattari” consiglierei di leggere “Nemesi” di Philip Roth (1933-2018), editore Einaudi, 2012, lo scrittore americano famoso per aver vinto il Premio Pulitzer nel 1997, e autore di molte altre pubblicazioni. Con questo romanzo, ambientato a Newark (New Jersey – USA) l’autore rinnova la sua estrema capacità narrativa descrivendo l’epidemia della poliomielite che nel 1944 ha colpito la sua città. Una epidemia atroce che il virus responsabile (The Clipper: “Lo storpiatore”, come era chiamato dagli americani) che mieteva vittime soprattutto in estate, solitamente bambini in età prescolare e che in gran parte restavano paralizzati, oltre a numerosi decessi. In particolare lo scrittore narra la struggente vicenda di Bucky Cantor, un animatore di campo giochi che conduce una strenua battaglia contro la terribile malattia. E come ex allievo degli Istituti della Fondazione di Don Carlo Gnocchi (1902-1906), il sacerdote ambrosiano che accolse i mutilatini e i poliomielitici nell’immediato dopoguerra, nel 1975 sono tornato a Marina di Massa per ricordare con un certo senso di nostalgia, i primi due anni trascorsi in internato per le modeste possibilità di recupero funzionale dell’arto colpito. Ebbene, in quell’occasione erano presenti alcuni ragazzi in età scolare colpiti dalla polio perché non erano stati vaccinati nonostante il vaccino all’epoca fosse disponibile da tempo (sia pur facoltativo); ecco che la loro infermità li ha portati (per volere dei genitori) in quel collegio per il recupero funzionale degli arti colpiti. Da allora conservo come “testimonianza” (e ricordo) alcune fotografie che mi ritraggono con loro, che per ovvie ragioni non posso pubblicare anche se oggi sono più che adulti… Val la pena rammentare che il vaccino antipolio in Italia era già disponibile sin dagli inizi degli anni ’60, e la vaccinazione fu resa obbligatoria solo nel febbraio 1966; un ritardo di circa quattro anni che costò all’italia quasi 10 mila casi di paralisi poliomielitica e circa mille decessi. Nonostante tutto ciò, quando ebbi l’occasione di incontrare il prof. Sabin a Torino nel 1986, non potei che ringraziarlo idealmente a nome di tutta la collettività… e lui  mi ricambiò con il suo sorriso paterno in segno di compiacimento e gratitudine.

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