DIRITTO DI CONTESTARE, DIRITTO DI SCIOPERARE. MA…

Persiste l’incapacità di dialogare tra le parti con la conseguenza di disomogeneità e frammentazioni. La burocrazia? Ostacolo odioso che mai nessuno vuole affrontare

di Ernesto Bodini (giornalista e divulgatore di tematiche sociali)

Guai a chi tocca i diritti, specie se garantiti dalla Costituzione! Tra questi mi riferisco in particolare al diritto di sciopero per manifestare disappunti, ingiustizie, disservizi, etc., ma quasi mai in modo razionale si mette sul piatto della bilancia il “pro e il contro”, in quanto chi lo promuove solitamente sono i sindacati o altri movimenti autorizzati. Alla discesa in piazza accorre il cosiddetto “popolino” (peraltro non sempre coalizzato e in linea con gli enti promotori), organizzando all’occorrenza cortei, fiaccolate, sitin e processioni che, in taluni casi, le conseguenze lasciano spazio a vandalismi d’ogni sorta con gravi costi a carico, ovviamente, della collettività. Quando lo sciopero che si vuole indire ha carattere generale, sia pur nel rispetto di determinate regole e controlli da parte delle Istituzioni, tendenzialmente si mette in ginocchio l’intero Paese, ma tra tutti i partecipanti sarebbe interessante sapere quanti aderiscono con convizione, e quanti invece approfittano per farsi i “fattaci” loro; un dualismo che non rispecchia certo le presunte motivazioni dello sciopero proclamato, di ieri e di ogg, e questa incoerenza la dice lunga sulla non serietà intenzionale di molti aderenti ad una manifestazione del genere. Verrebbe quindi l’esigenza di fare un processo alle intenzioni sia ai proponenti-organizzatori di un sciopero, e sia agli aderenti invitati a manifestare con tanto di trombe, fischietti, tamburi e striscioni vari; ma mi rendo conto che ciò è utopia e quindi si tratterebbe di “fidarsi” di questa orda di pseudo convinti che, a mio modesto avviso, in non poche occasioni potrebbero essere paragonati ai seguaci di Attila… Questo paragone non vuole certo essere in alcun modo offensivo, ma per rammentare che come in tutte le manifestazioni di massa e di piazza alla resa dei conti quasi sempre non si approda nulla o a poco, pur non rinnegando alcune eccezioni. A questo punto, ai lor signori rappresentanti ed organizzatori di tali manifestazioni di popolo, in questi decenni post Repubbllica probabilmente non è mai venuto in mente di attivarsi per far fronte al nemico burocrazia, primo impedimento di ogni insano provvedimento legislativo; un vuoto che si contraddice con quanto si vuole perseguire in difesa dei diritti della popolazione. Quindi, gli Enti sindacali, anziché sollecitare adesioni con tessere e relativi versamenti, farebbero bene (se eticamente intenzionati) a costituire una sorta di “Gruppi templari in versione moderna”, con il fine etico e più pragmatico di perseguire quel nemico, di cui sopra, con la iniziale garanzia di superare le prime barriere burocratiche perpetrate da un qualunque Ente pubblico, locale o nazionale; solo così si potrà prevenire parte di quel malcontento lamentato dalla popolazione. Inoltre, controbattere la burocrazia (sempre con carta e penna) è in linea con il rispetto della Costituzione, che spesso viene citata anche dai sindacati ma che con le loro manifestazioni e pomposi discorsi dal pulpito non dimostrano di saperla far rispettare. Non a caso, va ancora precisato che, ogni Ente pubblico quindi ogni P.A., si rivolge al cittadino sempre per iscritto, mentre quest’ultimo non agisce in modo analogo, se non sfogandosi sui mass media e scendendo in piazza che, come si suol dire, finita la festa gabbato lo Santo, cioè nulla di fatto. Tuttavia, non si possono omettere certe conquiste come ad esempio la Legge sul divorzio: 898/1970, e quella sull’aborto: 194/1978; mentre un vero e proprio “flop” fu il Movimento del ’68, come pure per certi versi la famosa e storica Marcia dei 40 mila. Anche queste finalità sono state inseguite attivando molteplici iniziative con scioperi e manifestazioni varie, che hanno portato a conquiste ma a prezzo di non pochi sacrifici. Ecco che, come citavo all’inizio, ad ogni iniziativa pubblica si tratta di mettere sempre sulla bilancia il “pro e il contro”, e alla cui base deve esserci una certa cultura sia in merito ai problemi da perseguire e sia dal punto di vista giurisprudenziale ed etico.

Detto ciò, ritengo doveroso mettere in evidenza che, dal punto di vista etico, talvolta taluni promotori peccano di presenzialismo e desiderio di platealità, perdendo così di vista l’obiettivo principale da raggiungere, ovvero, la soluzione del problema da contestare. Infine, vorrei rammentare al corpus sindacale in genere, che per quanto riguarda la burocrazia (come ho avuto modo di divulgare più volte nel corso delle mie conferenze ed articoli) la responsabilità nel tempo la ebbero anche i sindacati per imporre la propria egemonia nell’ampio scenario dell’impiego pubblico, ad esempio, oltre a perpetuare i tradizionali privilegi (garanzia perenne del posto di lavoro, con impossibilità di licenziamento, facilitazioni per ottenere trasferimenti nell’ambito del lavoro e residenziali, e pensione anticipata come quella relativa allo scandaloso periodo delle cosiddette “pensioni baby” dal 1972 al 1993, etc. Certo, eventi indietro nel tempo, ma se si vuole prevenire realtà simili e contrapporsi al dispotismo politico dei vari governi, non vedo altra soluzione che contestare “de facto” e in toto la burocrazia. Se poi nascono Sigle che, pur nel rispetto delle rispettive posizioni, si tende ad una sorta di “concorrenza”, allora il contendere non avrebbe ragione d’essere. Lo sciopero di venerdì 17 novembre? A mio parere, non solo parzialmente riuscito e con quale disagio per la collettività, ma soprattutto originato dalla disomogeneità e dalla incapacità (o comunque in modo insufficiente) di dialogare con il potere governativo: in Italia si continua a parlare molto sterilmente, ma a scrivere e ad agire molto meno.

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